Critica Letteraria


Le Figure Retoriche

Adynaton
(dal gr αδυνατων = "impossibile"). consiste nel citare una situazione irrealizzabile attraverso il cfr con un'altra, descritta con una perifrasi iperbolica e paradossale. Es:  È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli

Allegorìa

(dal greco allegoréin, "parlar diversamente"): immagine o discorso che nasconde un significato diverso dal suo significato letterale, un significato in rapporto con quello letterale ma che va colto e interpretato. Questo procedimento retorico permette di trasformare nozioni astratte o concetti morali in immagini pittoriche.
Es: Una nave che solca un mare = la condizione umana; viaggio oltremondano di Dante nella Commedia.

Allitterazione

(dal latino ad + littera, "lettera accanto a lettera"): ripetizione della stessa vocale, consonante o sillaba, all'inizio o all'interno di due o più parole contigue e legate dal senso. In poesia si usa per far risaltare effetti musicali o per evidenziare certe parole. Es:
furor di fortuna peregrino errante (Tasso- Gerusalemme liberata)

Allusione

consiste nell'uso di un sostantivo, spesso derivato da un fatto storico o comunemente noto, che abbia un rapporto di somiglianza con l'oggetto in questione.
Es di allusione mitologica: un labirinto (un intrico di strade) / letteraria: un Abbondio (vigliacco)

Anacolùto

(dal gr anakóluthos, "che non ha seguito"): violazione volontaria di una norma sintattica per riprodurre modi della lingua parlata o caratterizzare un pg. Es: Quelli che muoiono bisogna pregare Dio per loro. (Manzoni)

Anàfora

(dal greco anaphérein, "ripetere"): consiste nella ripetizione di una parola o di un gruppo di parole all'inizio di più versi o di più frasi consecutive, allo scopo di sottolineare in modo enfatico un determinato concetto. Es: "Per me si va" scandisce il destino dei dannati: Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente. (Dante)


Antìtesi

(dal greco antíthesis, "contrapposizione"): consiste nell'accostamento di termini o concetti di senso opposto, accostamento che spesso è reso più incisivo dalla struttura simmetrica della frase, come nella celebre terzina dantesca: Non fronda verde, ma di color fosco; /non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti: / non pomi v'eran, ma stecchi con tosco. (Dante)

Antonomàsia

(dal greco antonomasía, "parola che sta al posto di un'altra"): consiste nell'utilizzare un nome comune invece di un nome proprio (il segretario fiorentino = Niccolò Machiavelli; l'Apostolo = S. Paolo; il sommo poeta = Dante) o, viceversa, il nome proprio in luogo di un nome comune (un giuda = falso e bugiardo come Giuda; una Venere = una donna bella e seducente).

Apòstrofe

(dal greco apostréphein, "rivolgersi verso"): consiste nel rivolgere il discorso, per lo più improvvisamente, a una persona (viva o morta, presente o assente) o a una cosa o un luogo personificati, chiamandoli direttamente in causa: O patria mia, vedo le mura e gli archi. (Leopardi)

Assonanza
si ha quando due parole presentano, nella parte finale, vocali uguali ma diverse consonanti (nave/sale) e la Consonanza si ha quando due parole presentano, nella parte finale, consonanti uguali ma vocali diverse (canto/vento).

Cacofonia

(dal greco kakós, "cattivo", e phoné, "suono"): ripetizione dello stesso suono in due parole consecutive con effetto fonico sgradevole, come, per esempio, tre trentini o "Questo treno va a Ancona?". Nell'ambito della poesia, la cacofonia viene talvolta utilizzata per creare particolari effetti espressivi.

Chiasmo

(dalla lettera X dell'alfabeto greco, che si pronuncia chi e visualizza graficamente questa figura): consiste nella disposizione incrociata di due parole o di due gruppi di parole di una frase. Ha la funzione di mettere in evidenza gruppi di parole attirando l'attenzione: Odi greggi belar, muggire armenti [abba] (Leopardi) Climax
(dal greco klímax, "scala"): detto anche gradazione, consiste nel disporre le parole in modo tale che, per il significato o per la lunghezza o per il ritmo, producano un effetto di progressiva intensificazione (gradazione ascendente) o attenuazione (anticlimax o grad discendente) Es: La terra ansante, livida, in tumulto (Pascoli)

Invettiva

consiste nel rivolgersi improvvisamente e vivacemente a persona o cosa, presente o assente, con un tono di aspro rimprovero o di accusa.

Ipàllage

(dal greco hypallássein, "scambiare, porre sotto a un'altra cosa"): consiste nell'attribuire a una parola qualcosa (qualificazione, determinazione o specificazione) che si riferisce a un'altra parola della stessa frase.

Ipèrbato

(dal greco hypérbaton, "trasposto, passato oltre"): consiste nello spezzare l'ordine normale delle parole di una frase, separando elementi che di solito sono uniti tra loro. Es: Mille di fiori al ciel mandano incensi (Foscolo)

Ipèrbole

(dal greco hypér, "al di là", e bállo, "getto", "gettare oltre,esagerare"): consiste nell'esprimere un concetto o un'idea con termini esagerati, tanto che presi alla lettera sono inverosimili. Frequente nel linguaggio comune ("Ti ho aspettato un secolo"; "Mi si spezza il cuore") viene usata per moltiplicare l'effetto di un discorso, con risultati comici, ironici o sarcastici o enfatici. Es: La mia anima visse come diecimila. (D'Annunzio)

Ironìa

(dal greco éiron, "colui che interroga fingendo di non sapere"): consiste nell'affermare il contrario di ciò che si pensa e si vuole fare intendere. Frequente nel linguaggio comune ("Che sapientone!", detto di un ignorante), l'ironia è usata con abilità da Manzoni. Si vedano le parole con cui Renzo rinfaccia ad Agnese l'Azzeccagarbugli: Bel favore che m'avete fatto! M'avete mandato da un galantuomo, uno che aiuta veramente i poverelli! Affine all'ironia è l’umorismo (mescolare, nell'esposizione di un fatto, il serio con il faceto) Quando l'ironia non è mossa dal sorriso, ma dallo sdegno o dal rancore, si ha il sarcasmo.

Litòte

(dal greco litós, "semplice"): consiste nell'esprimere un concetto in forma attenuata, per lo più negando il concetto opposto.
Es: Don Abbondio non era nato con un cuore di leone = era vila (Manzoni)

Metàfora

(dal greco metaphérein, "trasportare, trasferire"): consiste nel sostituire a una parola un'altra parola legata alla prima da un rapporto di somiglianza. E’ considerata "similitudine abbreviata" perché realizza subito il rapporto di somiglianza che si presenta in forma analitica con similitudine o comparazione
Es: Sei una volpe altro non è che l'abbreviazione della similitudine Sei furbo come una volpe

Metonìmia

(dal greco metonymía, "scambio di nome"): consiste nell'utilizzare una parola in senso figurato, in sostituzione di un termine proprio con il quale intrattiene un rapporto di contiguità. Così, si può nominare:
• l'effetto per la causa: talor lasciando le sudate carte (= i libri che mi facevano sudare) (Leopardi)
• la causa per l'effetto: ma negli orecchi mi percosse un duolo (= un grido prodotto da dolore) (Dante)
• la materia per l'oggetto fatto con essa: legno per "carrozza" o per "nave"
• il contenente per il contenuto: bere un bicchiere (= la quantità contenuta in un bicchiere)
• l'autore di un'opera invece dell'opera: "comprare un Modigliani (= un quadro di Modigliani)
• il mezzo/strumento invece della persona che lo usa o della cosa prodotta: " buona forchetta (= buongustaio)
• il luogo invece delle persone che vi si trovano: "La Casa B (= il Presidente) non ha rilasciato dichiarazioni
• il concreto per l'astratto: "avere fegato (= coraggio)
• il segno per la cosa significata: "l'aquila romana (= i soldati romani) conquistò il mondo
• il protettore per la cosa protetta: "Bacco (= vino), tabacco e Venere (= amore) riducono l'uomo in cenere".

Onomatopèa

(dal greco onomatopoiía, "creazione di un nome", composto di ónoma, "nome", e poiéo, "faccio, creo"): è una parola o una frase che riproduce a scopi espressivi il suono o il rumore di una cosa o il verso di un animale. Es: Nei campi c'è un breve gre-gre di renelle (Pascoli)

Ossìmoro

(dal greco oxy´moron, "acuto sotto un'apparenza di stupidità", composto di oxy´s, "acuto", e morós, "stupido"): consiste nell'accostare nella medesima locuzione due parole di significato opposto che si contraddicono a vicenda: "grido silenzioso"; "amara dolcezza". Si veda anche il seguente esempio, tratto dalla lirica Il lampo: Bianca, bianca nel tacito tumulto / una cosa apparì sparì d'un tratto. (Pascoli)

Paradòsso

(dal greco pará, "contro", e dóxa, "opinione"): affermazione che appare contraria al buon senso, ma che in realtà si dimostra valida a un'attenta analisi.

Perìfrasi

(dal greco perìphrasis, "discorso intorno") consiste nell'indicare una persona o una cosa con un giro di parole, anziché con il suo nome abituale. Es. colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a' Celesti (= Michelangelo) (Foscolo)

Prosopopèa

(dal greco prosopopoiéin, "personificare", composto da prósopon, "volto", e poiéin, "fare"): detta anche personificazione, consiste nell'introdurre a parlare un personaggio assente o defunto o anche cose astratte e inanimate, come se fossero persone reali.
Es: Virgilio personifica e fa parlare la Fama, Ariosto la Frode e Carducci i cipressi di Bolgheri.


Rima

(dal francese antico rime, che a sua volta deriva dal latino rhithmum, "ritmo"): l'identità dei suoni delle sillabe finali di due o più parole a partire dall'ultima vocale accentata. Elemento di primaria importanza nell'organizzazione del testo poetico, la rima assolve il compito di mettere in rilievo le qualità musicali e semantiche delle parole all'interno dello schema metrico o strofico prefissato. La rima può essere: baciata (AA BB CC); alternata (ABAB CDCD); incrociata o chiusa (ABBA CDDC); incatenata o terza rima (ABA BCB CDC); ripetuta (ABC ABC). Oltre che alla fine del verso, la rima può cadere, con particolari effetti musicali, anche all'interno del verso: si parla allora di rima interna o di rima al mezzo, come nei seguenti versi di Leopardi: Passata è la tempesta: odo augelli far festa, e la gallina.

Simbolo

(dal gr
σμβολον = mettere insieme due parti distinte) E’ un elemento della comunicazione rappresentante un concetto o quantità ed è un tipo di segno convenzionale (tale in virtù di una convenzione sociale) e analogico (capace di evocare una relazione tra un oggetto concreto e un’immagine mentale).

Similitudine

(dal latino similis, "simile"): consiste in un paragone istituito tra cose, persone e situazioni ritenute simili, attraverso la mediazione di avverbi o locuzioni avverbiali di paragone (come, a somiglianza di, tale, quale). Usato per chiarire ciò che è oscuro o difficile da spiegare, è un espediente molto frequente nella poesia epica. Famose sono le similitudini omeriche: Come un'aquila che dall'alto a piombo / attraverso le cupe nubi si precipita sulla campagna / per ghermire una lepre o un'agnella, / tale scuotendo il ben affilato ferro, Ettore si scaglia nella mischia... (Omero)

Sinèddoche

(dal greco synekdéchomai, "prendo insieme"): consiste nell'indicare una cosa non con il suo solito nome, ma con un altro che ha significato più o meno ampio, anche se simile. Fondata essenzialmente su un rapporto di "estensione" della parola, questa figura esprime:
• la parte per il tutto: All'orizzonte apparve una vela (= una nave)
• il tutto per la parte: Il mondo (= gli uomini) non mi capisce
• il sing per il plurale e viceversa: L'inglese (= gli inglesi) è molto più sportivo dell'italiano (= degli italiani)
• il genere per la specie e viceversa: Il felino (= la tigre) fece un grande balzo e sparì.

Sinestesìa

(dal greco synaisthánomai, "percepisco insieme"): consiste nell'associare, all'interno di un'unica immagine, nomi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproca interferenza danno origine a un'immagine vivamente inedita. Frequente nella lingua comune (per esempio colore caldo, in cui la sensazione visiva colore è unita a una sensazione tattile caldo, e voce chiara, in cui la sensazione acustica voce è unita a una sensazione visiva come chiara), la sinestesìa dà i suoi esiti più significativi nella poesia simbolista e, poi, nella poesia ermetica del Novecento italiano. Così, Salvatore Quasimodo parla di urlo nero, Eugenio Montale di fredde luci e Mario Luzi di voce abbrunata.
 

Zeugma
(dal greco zéugma, "aggiogamento"): consiste nel far reggere da un unico verbo più enunciati che richiederebbero ciascuno uno specifico verbo reggente. Così, nel verso dantesco, parlare e lacrimar vedrai insieme, il verbo vedere si addice soltanto a lacrimar mentre per reggere parlare ci vorrebbe un altro verbo (per esempio udire).

by Nimhet